Quella del Rinascimento è stata per l’Italia e per l’Europa intera un’epoca d’oro che ha saputo lasciare un’impronta fortissima anche su borghi, monumenti e strutture di un angolo pulsante di storia e cultura come Destinazione Turistica Emilia. Quando le asfittiche e ansiogene forme della contemporaneità rischiano di soffocare l’istinto e il gusto per la bellezza, un viaggio a ritroso nel tempo verso la grazia di quello che fu il vero e proprio boom artistico nel periodo compreso tra XV e XVII secolo può non solo rivelarsi una pausa provvidenziale ma trasformarsi anche in una salvifica medicina per la mente e per gli occhi, rapiti dalle testimonianze sparse nel territorio di Reggio Emilia, Parma e Piacenza.

Borgo segnato dal dominio dei Gonzaga, Guastalla (Reggio Emilia) è un esempio eclatante di come quel periodo storico seppe dare vita ad autentici gioielli urbanistici. Simbolo di quella che venne rifondata dalla casata come città ideale – con una croce centrale di strade concepite in un’ottica scenografica complessiva insieme alla facciata di una cattedrale che ne conclude la corsa – il Palazzo Ducale ospita fino al 22 aprile 2019, la mostra “Tracce di moda a Guastalla 500-600-700 e risonanze novecentesche”, per la curatela scientifica di Doretta Davanzo Poli. Percorso tra usi e costumi del periodo nel senso più tessile della parola, l’esposizione offre un punto di vista originale e preciso per osservare i gusti e le tendenze nell’abbigliamento degli aristocratici e degli ecclesiastici del Ducato da metà 500 a fine 700, lanciando un ponte con i richiami del Novecento. A paramenti sacri, ritratti ducali e raffigurazioni di una non meglio identificata dama di fine 600, presentata con otto diversi outfit completi, si aggiungono inventari, commentari e documenti che raccontano il valore economico della seta nell’Emilia a partire dal 500 e la produzione di materia prima tramite la bachicoltura. L’abito realizzato su modello di una delle Dame di Villa Paralupi, preziosi merletti e vestiti del XX secolo con dettagli ispirati più o meno consapevolmente a particolari di quelli ritratti in pittura offrono ulteriori suggestioni per diventare fashion victim rinascimentali.

Biglietti: intero 5 euro, ridotto 3 euro. Aperture: mercoledì, sabato e domenica dalle 09.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30. Visite guidate e aperture straordinarie su richiesta.

Addentrandosi nella storia rinascimentale della provincia di Reggio Emilia, San Martino in Rio è una tappa per veri intenditori, che possono cogliere gli indizi e le numerose testimonianze del dominio degli Estensi, signori del borgo a partire dal 1420. La Rocca Estense, con cassettoni dipinti, affreschi e stucchi, è ovviamente la regina incontrastata del lotto, che sfoggia la spettacolare sala quattrocentesca della Torre dell’ala nord-est del piano nobile e la contigua stanza cinquecentesca, dipinte rispettivamente dalla bottega del modenese Pellegrino degli Erri e, probabilmente, da celebri nomi della pittura emiliana dell’epoca come Amico Aspertini, Lelio Orsi e Niccolò dell’Abate. A queste, seguono la sala del Teatro, quella delle Aquile e gli appartamenti privati dell’ala est. Nel cuore del centro storico, la Collegiata di San Martino e Venerio – edificata per volontà di Filippo I d’Este – la Chiesa di San Carlo dei Cappuccini – voluta dal Marchese Carlo Filiberto d’Este San Martino – e la Torre Civica o dell’Orologio sono ulteriori simboli dell’età d’oro di una piccola capitale del Rinascimento in Emilia.

Spostando lo sguardo verso Parma, ci si accorge come il Rinascimento, in questo territorio, abbia per trait d’union la figura di Pier Maria Rossi, vero e proprio mito della storia quattrocentesca locale ma non solo, valoroso condottiero, celebre umanista e appassionato di castelli, con un approccio alle strutture fortificate che ricorda un po’ il fare maniacale dell’indomito collezionista di francobolli. Tra i circa 30 che arrivò a possederne – alcuni dei quali ideati da lui stesso – quattro rimangono a identificare ed esemplificare plasticamente la sua poliedrica personalità. Concreta espressione dell’amore per Bianca Pellegrini, il Castello di Torrechiara venne costruito appositamente per la dama tra il 1446 e il 1460. Al suo interno, il ciclo pittorico profano della Camera d’Oro è un inno al sentimento fortissimo che legava i due amanti, descritto da scene di vita privata realizzate da un esponente della famiglia Bembo su vele e lunette. Nato non per fare la guerra ma per fare l’amore, il castello è una raffinata fortificazione che domina la valle del fiume Parma, una sorta di guscio di pietra a protezione degli appartamenti decorati con un gusto da palazzo signorile. Sempre in onore della sua amata, nello stesso periodo, Pier Maria Rossi commissiona il Castello di Roccabianca – oggi sede del Museo della Distilleria – che parla della bellissima milanese fin dallo stemma. Se dal mastio, nelle giornate limpide, si può vedere il Torrazzo di Cremona, la Sala della Griselda ospita invece il quattrocentesco ciclo pittorico ispirato alla centesima novella del Decameron di Giovanni Boccaccio.

La Rocca di San Secondo racchiude invece il lato più istituzionale e famigliare del Conte, nelle sue vesti di marito di Antonia Torelli. La Sala delle Gesta Rossiane e l’imponente impianto decorativo fanno della fortezza una sorta di catalogo illustrato della vita e della storia di una delle casate più rilevanti del Parmense. Il racconto in 17 riquadri dell’Asino d’Oro di Apuleio e i numerosi interventi artistici testimoniano un bruciante interesse culturale che si affianca all’anima del condottiero, incarnata dal Castello di Felino, inespugnabile rifugio che resisterà a tutti gli assalti fino al 1483, quando Ludovico il Moro riesce a impossessarsene, costringendo Pier Maria Rossi alla fuga a Torrechiara, dove troverà la morte.

Seguendo la scia delle fortificazioni, dalla provincia Parma, ci si sposta agilmente a quella di Piacenza, dove a spiccare è il Castello di San Pietro in Cerro, fondato nel 1460 da Bartolomeo Barattieri. Fedele testimonianza di dimora gentilizia rinascimentale, il castello ha un’apparenza solida e arcigna che custodisce in realtà un interno elegante e ricchissimo, pieno di sorprese aperte dalla raffinata corte quadrata a doppio ordine di arcate. Un soffitto decorato a travi lignee con scene di caccia sovrasta lo splendido Salone d’Onore, mentre la ristrutturazione ha reso giustizia a portali a trompe-l’œil, tendaggi, anfore e altri dettagli che servono a restituire e descrivere splendidamente lo spirito e l’atmosfera del tempo, alla completezza dei quali contribuiscono anche ambienti come le cucine, la ghiacciaia e le prigioni. Alle 30 sale riccamente arredate, tutte interamente visitabili, si aggiunge la collezione di oltre 800 opere contemporanee a rotazione del MiM – Museum in Motion, che vanta anche una sezione riservata ai pittori piacentini.

Non si può infine parlare di Rinascimento a Destinazione Turistica Emilia, senza citare Palazzo Farnese, sofisticata e imponente opera del genio di Jacopo Barozzi, detto il Vignola – che dovette però rinunciare a metà del progetto per via della mancanza di fondi -voluta dalla duchessa Margherita d’Austria ed edificata tra gli anni 60 del 1500 e il 1602 nella zona della Cittadella Viscontea a Piacenza, come simbolo della potenza della famiglia del marito, Ottavio Farnese. Con la cancellata in ferro battuto decorata dei gigli farnesiani, le logge e la cappella ducale ottagonale, quella che si qualifica quindi come una gigantesca incompiuta è oggi sede dei Musei Civici, articolati in un percorso che consente di ammirare gli appartamenti del duca e della duchessa, nonché i sotterranei che, fino al 17 marzo 2019, ospitano la mostra evento Annibale un mito mediterraneo. In concomitanza con la celebrazione dei 2200 anni dalla fondazione di Piacenza e in ricordo della vittoria del condottiero cartaginese sull’impero romano del 218 a.C., quello proposto ai visitatori è un viaggio multimediale attraverso i luoghi fisici e simbolici toccati dal generale ma anche nella personalità e nella cultura di un personaggio leggendario, capace di compiere un’impresa epica tra due continenti.

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